Centro di Salute Mentale di Domio

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Il Centro di Salute Mentale di Domio sorge oggi in una palazzina a due piani (circa 600 m2) nella zona industriale di Trieste, in via Edgardo Morpurgo 7. Serve la popolazione del Distretto Sanitario 3 (circa 62.000 abitanti). Il Distretto 3 ha un bacino d’utenza di 61.864 abitanti. Il territorio del Distretto 3 è caratterizzato dalla compresenza di aree fortemente urbanizzate e aree prevalentemente rurali con aree semiresidenziali, piccoli paesi e cittadine. E’ il distretto più popoloso di Trieste; comprende le circoscrizioni di Servola - Chiarbola e Valmaura - Borgo San Sergio, zone periferiche e prevalentemente urbane, di edilizia popolare; si estende inoltre ai comuni di Muggia, di San Dorligo della Valle e per parte dell'altipiano carsico. Da oltre trent’anni in quest’area della città e della provincia di Trieste, il CSM è presente e si propone come una risorsa a disposizione dei cittadini.

Nel 1975, a Muggia, si apriva il primo Centro di Salute Mentale (CSM) sul territorio, trasferito nel 1980 al Domio. Il CSM è attivo sette giorni su sette, 24 ore su 24, (la notte per gli accolti), con 8 posti letto per l’ospitalità diurna e notturna. L’attività principale è quella di accogliere la domanda di cura delle persone con problemi e disturbi mentali gravi, ma anche delle persone che, in certi momenti della loro vita, sperimentano situazioni di difficoltà e disagio. L’obiettivo è la presa in carico e la cura del soggetto nel contesto in cui vive. Il CSM di Domio vuole essere luogo d’incontro e di scambio per utenti, familiari e cittadini. L’offerta terapeutica del CSM comprende: ospitalità notturna e diurna, visite ambulatoriali, visite domiciliari, lavoro terapeutico individuale e familiare, attività di gruppo, interventi di prevenzione, interventi di abilitazione, sostegni per l’accesso a diritti, sostegni all’abitare, attività di consulenza.

Racconta Renate Goergen: “La sede del Domio era una cosa totalmente diversa: in piena zona industriale, sulla strada… era una specie di shock. A noi piaceva moltissimo. Domio era pieno di vetri e quindi è chiaro che qualunque cosa si sarebbe dovuto fare, si sarebbe fatta in piazza davanti a tutti. Si vedeva tutto, e questo, come dire… Generalmente si pensava allora che la psichiatria era ancora una cosa di cui la gente ancora un po’ si vergognava, chi andava a finire in psichiatria… Lì, era piena zona industriale, non esattamente un luogo sanitario. Io devo dire che per me non è mai stato un problema, anzi una cosa molto bella, non tutti la pensavano così. A noi piaceva tantissimo un po’ forse anche per motivi ideologici perché, voi dovete pensare, la maggioranza di noi non è che abbiamo fatto un concorso per avere un lavoro qualsiasi, volevamo quel lavoro e volevamo quel lavoro perché avevamo delle progettualità forti. Una parola d’ordine era che si parlava della salute mentale e quindi era una questione che riguardava tutti, non riguardava esclusivamente uno che poteva aver avuto un episodio psicotico. Quindi, vicino a Valmaura, dove c’era la classe operaia e c’era la mensa, là vicino c’è ancora la mensa penso, per noi era una cosa forte e abbiamo detto: “non si mangia nel Centro di Salute Mentale, si mangia alla mensa". È una rivoluzione… voleva dire la traduzione molto reale di questo concetto della salute mentale, che riguardava tutti, riguardava assolutamente tutti.” (da Frammenti di Domio, Trieste, a cura di Tommaso Bonavigo, Margherita Bono e Marta Pesamosca)