Contenzione

Da oltreilgiardino.
Jump to navigation Jump to search

La contenzione è la pratica psichiatrica che prevede l’utilizzo di meccanismi chimici o meccanici per limitare il rischio che una persona possa procurare o procurarsi dolore. La contenzione meccanica è una procedura che utilizza mezzi fisici come lacci, catene o camicie di forza. A livello chimico possono venire utilizzati farmaci per limitare o rallentare i movimenti dell’individuo.

Praticare la contenzione non è esente da rischi e nemmeno da contraddizioni. Spesso i soggetti sottoposti a contenzione per più di quattro giorni hanno un’alta incidenza di infezioni ospedaliere e di lesioni da decubito. Fra i danni associati all’uso scorretto e prolungato dei mezzi di contenzione vi sono anche strangolamento, asfissia da compressione della gabbia toracica, malattie funzionali e organiche (incontinenza, infezioni, riduzione del tono e della massa muscolare, peggioramento dell’osteoporosi), danni psicosociali (stress, depressione, paura, sconforto, umiliazione). Le conseguenze dell’uso della contenzione fisica sono purtroppo molto consistenti, possono variare tra lesioni da pressione, ustioni, ferite, cadute e quindi un inevitabile prolungamento dell’ospedalizzazione. Tra le conseguenze dirette della contenzione può esservi anche la morte.

Tra le ragioni che portano gli operatori sanitari a utilizzarla ci sono: la prevenzione delle cadute, il trattamento dell’agitazione e dell’aggressività del soggetto, il controllo del comportamento e la prevenzione del vagare. Inoltre, può essere necessario ricorrere alla contenzione per somministrare la terapia.

A Trieste oggi la contenzione non viene praticata, grazie anche ai risultati della Legge 180 nata proprio in questa città. Franco Basaglia, divenuto direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia nel 1961, è stato celebre per aver rifiutato di firmare il documento di autenticazione della contenzione di alcuni pazienti dell’ospedale con la frase “mi non firmo”, in quanto sostenitore del concetto scozzese di no-restraint e quindi la sua contrarietà alla contenzione dei pazienti. Oggi Trieste è capofila nel mondo per la lotta contro la contenzione grazie all’impegno di Giovanna Del Giudice e della Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo “Franco Basaglia”.

Già nell’antica Grecia gli alienati mentali venivano contenuti o legati ma molti medici e pensatori si opponevano a ciò. Anche durante il periodo rinascimentale in Italia vi furono tentativi di opposizione alla contenzione. Il primo tentativo su larga scala di no-restraint assoluto fu fatto nel 1835 da Charlesworth e Gardiner Hill nel manicomio di Lincoln in Inghilterra. Da allora la messa in discussione del no-restraint si è estesa in molte regioni del mondo.

Attualmente la contenzione in Italia è considerata lesiva dei diritti della persona tutelati dalla Costituzione. L’ex ministro della Salute Roberto Speranza si era impegnato nel 2021 a fermare la contenzione meccanica in tutti i luoghi di cura entro il 2023. A questo scopo erano anche stati stanziati per le Regioni 60 milioni di euro, che avrebbero dovuto essere spesi entro dicembre 2022. Ma ad oggi la contenzione meccanica è una pratica ancora molto diffusa nel Servizio sanitario nazionale, come denuncia l’Onlus A Buon Diritto.

Vi sono nonostante ciò molti servizi di diagnosi e cura che ancora la praticano.