La riforma psichiatrica in Italia

Da oltreilgiardino.
Jump to navigation Jump to search

Gli ospedali psichiatrici sono stati istituiti in Italia a partire dal XV secolo. Nel febbraio 1904 viene promulgata la Legge, che porta il nome del Ministro dell’Interno dell’epoca Giovanni Giolitti, con cui per la prima volta lo Stato unitario si dota di una legge organica che regolamenta la materia psichiatrica. Gli istituti manicomiali, chiamati appunto "manicomi" o "frenocomi", erano chiamati a svolgere un ruolo repressivo ed emarginante, a causa della connessione che la legge stabiliva tra malattia mentale e pericolosità sociale.

La Legge 180 del 1978, Legge Basaglia, impose la chiusura dei manicomi e l’istituzione dei servizi di salute mentale pubblici.

La costruzione dei primi ospedali psichiatrici in Italia è stata richiesta dagli ordini monastici, dalle amministrazioni provinciali o da medici illustri. Dal 1728 altri ordini ecclesiastici iniziarono a richiedere ulteriori ospedali psichiatrici.

A partire dal 1874 il ministro dell'Interno Girolamo Cantelli propose un "progetto di regolamento", che però non venne mai attuato.

Nel XIX secolo, a causa del crescente numero di malati, si iniziò a discutere di una legge che potesse regolare tutti i manicomi del Paese che fino a quel momento avevano avuto piena autonomia per quanto riguardava l'internamento.

Anche se formalmente le autorizzazioni erano sempre necessarie, per evitare complicazioni e ritardi si era soliti praticare ammissioni d'urgenza con successiva domanda di autorizzazione agli organi competenti.

Solo nel 1902 Giovanni Giolitti presentò al Senato un disegno di legge "Disposizioni intorno agli alienati e ai manicomi", che prevedeva l’internamento solo per i pericolosi o scandalosi, l’ammissione dopo una procedura giuridica e l’istituzione dei servizi di vigilanza.

La legge n. 36 venne approvata il 14 febbraio 1904 e prevedeva, fra l’altro, che:

  • le dimissioni del malato potevano avvenire solo dopo un decreto del tribunale emanato su richiesta del direttore del manicomio (al quale la legge attribuiva la piena autorità sul servizio sanitario, l'alta sorveglianza sulla gestione economica e finanziaria dei manicomi e il potere disciplinare);
  • il "licenziamento in via di prova", che poteva essere concesso al malato che dimostrava miglioramenti. Esso consisteva nella dimissione temporanea che poteva divenire definitiva se il malato fosse risultato completamente guarito.

La legge Giolitti stabiliva quindi quali criteri di internamento la pericolosità sociale e il pubblico scandalo. Si entrava in manicomio non perché malati, ma perché pericolosi, improduttivi, di pubblico scandalo. La legge, che resterà in vigore fino al 1978, serviva in primo luogo come strumento di protezione per la società dai cosiddetti "matti", non considerava  quindi i bisogni e i diritti del malato.

Essa risultava innovativa rispetto al passato, ma non teneva in considerazione né la durata di permanenza nella struttura psichiatrica né il malato, che perdeva ogni diritto dopo il ricovero. Negli ospedali psichiatrici venivano utilizzati l'elettroshock, il coma insulinico e farmaci sperimentali come la cloropromazina che permetteva di ridurre le crisi violente dei ricoverati.

Nel 1961 Franco Basaglia a Gorizia  organizza un movimento che ha tra i suoi obiettivi la chiusura dei manicomi. Si comincia a pensare ad un'evoluzione degli ospedali e dell'assistenza psichiatrica a partire da cambiamenti introdotti all'interno dei manicomi (formazione del personale di cura, introduzione delle tecniche psicoterapeutiche, sperimentazione di nuovi metodi di socializzazione e di psicoterapia di gruppo). Le proposte di Basaglia non vengono accolte dalla città ed egli è costretto a lasciare l’incarico nel 1969. Dal 1970 al 1971 dirige il manicomio di Colorno, dove l’amministrazione provinciale, seppure di centro-sinistra, non lo sostiene.

Nel 1971 viene chiamato a Trieste dal Presidente della Provincia Michele Zanetti a dirigere l’Ospedale Psichiatrico Provinciale. Proprio a Trieste Basaglia avvia il suo percorso di riforma che porta nel 1978 alla promulgazione della Legge 180, ormai famosa in tutto il mondo per essere stata la prima a chiudere i manicomi e ad istituire i servizi di salute mentale sul territorio.