Sostanze psicoattive

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Una sostanza psicoattiva è una sostanza chimica farmacologicamente attiva, dotata di azione psicotropa, ovvero capace di modificare lo stato psico-fisico di un soggetto potendo agire su emozione, ricordi, attenzione, percezione, umore, coscienza, comportamento, abilità intellettive, capacità motorie, ecc. Per via dei loro potenziali effetti, le sostanze psicoattive sono impiegate in tutti i continenti da millenni per fini rituali, religiosi, spirituali, culturali, medico-terapeutici, ricreativi.

L’azione di una sostanza psicoattiva sull'uomo dipende anche dalle caratteristiche genetiche che rendono gli individui più o meno suscettibili al suo effetto. Sebbene le principali interazioni siano riscontrabili sul sistema nervoso centrale, ogni sostanza psicoattiva può avere delle ripercussioni anche sul sistema nervoso periferico e su altri organi inclusi il sistema cardiovascolare, il sistema respiratorio, il sistema muscoloscheletrico e gli organi riproduttivi.

La categoria è molto ampia e include sottoinsiemi con caratteristiche specifiche. Non è ben definita la sistematizzazione dei termini con cui vengono denotate le diverse categorie sia a livello normativo che nell'uso comune; pertanto "sostanze psicoattive", "sostanze psicotrope", "sostanze stupefacenti", "droghe" possono essere lemmi oggetto di ambiguità e sovrapposizioni.

Alterando le funzioni delle cellule nervose, le sostanze psicoattive possono compromettere gli equilibri psicologici e i normali processi mentali. Poiché i processi psicologici sono legati alle dinamiche e alle variabili sociali e i meccanismi cerebrali sono costruiti e modulati dalle funzioni psicologiche, dalle aspettative, dai significati e dai valori che ognuno dà ai suoi comportamenti, gli effetti e le conseguenze delle sostanze psicoattive non dipendono soltanto dalle loro proprietà farmacologiche, ma sono in parte dettate da fattori sociali e culturali. Alcune di queste sostanze sono usate in ambito medico come farmaci psicotropi per varie patologie; alcune sono stupefacenti, comunemente chiamati "droghe" sottoposti a leggi e regolamenti che ne disciplinano ed restringono produzione, commercializzazione e consumo; altre, come etanolo, nicotina, caffeina, teobromina sono ingredienti di prodotti di largo consumo.

Le sostanze psicoattive più diffuse, sia legali che illegali a seconda del paese, sono: Etanolo, Nicotina (tabacco), Caffeina, Benzodiazepine, Cannabinoidi (cannabis), Teofillina, Teobromina, Metanfetamina, Cocaina, Eroina, MDMA, LSD, Oppioidi, Psilocibina (funghi).

Molte sostanze psicoattive sono capaci di indurre, in diverso grado, fenomeni di dipendenza, tolleranza e assuefazione; altre invece non creano dipendenza ma possono comunque essere "sostanze da abuso". La psicoattività di una sostanza non implica necessariamente la produzione di dipendenza.

Essendo sinonimo di psicoattivo, il termine «psicotropo» viene utilizzato per un gruppo eterogeneo di sostanze. A rigor di termini, un farmaco psicotropo è qualsiasi farmaco i cui effetti primari o significativi sono sul sistema nervoso centrale. Alcuni autori applicano il termine a farmaci il cui uso principale è nel trattamento di disturbi mentali: sedativi ansiolitici, antidepressivi, agenti antimaniacali e neurolettici. Altri usano il termine per riferirsi a sostanze con un'elevata probabilità di abuso a causa dei loro effetti sull'umore, sulla coscienza , o entrambi: stimolanti, allucinogeni, oppioidi, sedativi/ipnotici (incluso l'alcol), ecc.

L'eterogeneo gruppo delle sostanze psicoattive può essere classificato diversamente:

  • per assetto legale in base ai controlli e restrizioni sulla loro produzione e utilizzo: legali o illegali;
  • per struttura chimica e derivazione: oppiacei, oppioidi, barbiturici, benzodiazepine ecc..;
  • classificazione psichiatrica per classi di effetti sulla psiche dove anche se le diverse sostanze hanno in genere effetti complessi e dai confini sfumati, l'azione psicotropa può essere classificata come:
    • psicolettica: depressoria dell'attività mentale (es. oppioidi, barbiturici, etanolo);
    • psicoanalettica: eccitatoria, stimolante, dell'attività mentale (es. anfetamine, caffeina, cocaina, nicotina);
    • psicodislettica: capace di modificare la percezione, lo stato di coscienza o il comportamento (es. cannabinoidi, psichedelici).
  • classificazione farmacologica secondo i principali effetti o i principali neurotrasmettitori interessati

Sebbene in farmacologia vi sia generalmente una correlazione tra struttura chimica del principio attivo ed effetto farmacologico rilevato, dato che molecole simili andranno ad agire su bersagli (recettori) simili, questa analogia è attenuata nella neuropsicofarmacologia, e in particolar modo nel campo delle sostanze stupefacenti. Questo perché nel pool di recettori che mostrano effetti psicoattivi si ha in genere un grado molto elevato di omologia (es. le varie famiglie di trasportatori dei neurotrasmettitori delle ammine biogene); conseguentemente, sostanze anche molto simili tra loro, ma che, per la presenza di diversi gruppi funzionali, manifestino affinità per membri, e isoforme, particolari di queste famiglie, possono mostrare effetti farmacologici anche notevolmente diversi.

Il termine «droga», a causa delle sue molte accezioni e dell'utilizzo molto diffuso ha contorni più sfumati e un carattere concettualmente controverso. Sia nell'uso comune che legislativo in genere si riferisce alle sostanze psicoattive citate nelle leggi che ne limitano la produzione ed utilizzo. Per «droga legale» invece si intende una droga legalmente disponibile secondo una specifica giurisdizione sotto prescrizione medica, ed in certi casi, come le foglie di coca in certe regioni andine, senza alcuna prescrizione.

Nell'ambito del controllo internazionale delle droghe, «sostanze psicotrope» si riferisce alle sole sostanze, definite dalla Convenzione del 1971 sulle sostanze psicotrope. In Italia, nella legge che regola le sostanze psicoattive la cui produzione e consumo è controllata o proibita, lo «stupefacente» è associato alle «sostanze psicotrope» definite dalle convenzioni internazionali.

In base ad accordi internazionali, è stato stabilito un elenco di sostanze il cui utilizzo è sottoposto a restrizioni e controlli, e tra queste vengono individuate quelle che in italiano sono chiamate “stupefacenti”. L’etanolo delle bevande alcoliche, pur producendo alterazione della coscienza, ridotta responsività e dipendenza, non viene classificato come stupefacente non essendo incluso nelle tabelle delle suddette leggi. Il termine «stupefacente» che etimologicamente si riferisce alla capacità di indurre uno stato stuporoso, denota le sostanze psicoattive in grado di causare tolleranza (capacità dell'organismo di sopportare a dosi gradualmente più elevate la tossicità delle sostanze), assuefazione (degradare dell'effetto, soprattutto psichico, della medesima dose, con conseguente necessità di aumentare la dose per produrre lo stesso effetto) e dipendenza (necessità di assumere tali sostanze per evitare crisi di astinenza), il cui utilizzo è controllato o proibito dalla legge. Il termine «stupefacente» ha infatti un significato più legale che farmacologico.

Sostanze simili a quelli delle sostanze stupefacenti o che pur non procurando dipendenza, come LSD, psilocibina, mescalina, DMT e altre, possono comportare disturbi da abuso.